LA CUCINA VELLETRANA

CucinaVell

(dalle Aringhe agli Zuffi)

di Roberto Zaccagnini

 

 

 

 

 

   Dovendo scegliere ricette tipicamente velletrane, ci troveremmo quasi sempre con piatti semplici, poveri, anche se gustosi. E’ probabile che siano gli stessi d’altri paesi di tradizione contadina, specialmente per quanto attiene l’uso di erbe selvatiche. Nella tradizione romana o regionale, potremmo invece sconfinare prendendo in considerazione piatti più ricchi, che pur ci appartengono. Ne parlammo in ambiente “accademico”, con esperti di storia e di fornelli, e la risoluzione diede il diritto d’appartenenza alla nostra tradizione non solo ai piatti contadini, ma anche a quelli del ceto medio, sebbene per vederli in tavola c’era da aspettare la domenica, o addirittura una delle grosse feste dell’anno. Inoltre – obiettarono gli accademici – gli osti di Trastevere erano velletrani, e comunque velletrani erano i carrettieri che quelle osterie frequentavano. Poco male, se tutto ciò sia vero o no: il risultato è che alle ricette povere velletrane, come la frittata di lupri, possiamo aggiungere l’abbacchio alla cacciatora, che richiede un po’ più di impegno, ma sicuramente è più gradito agli invitati.
   Alcune ricette sono a rischio di estinzione per la difficoltà di reperire ramoracce, borragine, tàfeni, e lupri. Ma per memoria storica, è su quelle antiche e povere ricette che puntiamo, altrimenti dovremmo limitarci ai soli, nostri, carciofi alla matticella, unica pietanza caratteristica delle nostre contrade, e ancora praticabile. Perché, acquistati o prodotti, i carciofi ci sono sempre, anche se diffuso è l’uso dei romaneschi, che cuociono male. C’è però bisogno delle matticelle, i fasci di tralci di vite, e qui ci accorgiamo di come possa mutare una tradizione culinaria: espiantati i vigneti, la matticella è sempre più rara, e chi ha mantenuto la coltura della vite preferisce trattorare, anziché dedicarsi all’antica pratica della raccolta degli zéppi. Ma c’è chi lo fa, e commercializza le matticelle. C’è poi bisogno dello stazzo, e qui vediamo come una tradizione culinaria possa dipendere da ragioni architettoniche, laddove dalla veranda in cotto finto antico si scende sul prato all’inglese, che mal sopporterebbe una braciata. C’è chi pone in terra bandoni di lamiera, ma i puristi non sono d’accordo, sostenendo che la brace abbia bisogno della terra sottostante. Non ultima, serve un’allegra brigata che trascorra assieme un intero pomeriggio, non essendo – quella dei carciofi alla matticella – una delle ricette più sbrigative. Ecco perciò, come una tradizione culinaria possa dipendere pure da ragioni di relazione sociale tra individui.
   E prima ancora delle relazioni sociali, cosa dire di quelle familiari? Allargare una polentata sulla spianatóra, richiede non solo una persona disposta a stare qualche ora dinanzi al fuoco (cosa che oggi qualcuno evita, con le polente già pronte) ma soprattutto commensali che siedano a tavola nello stesso momento. E pure questo, per impegni, menefreghismo o maleducazione, è sempre più raro.

INDICE

Prefazione

Piatti unici  // Primi  //  Secondi  //  Secondi di carne  //  Secondi di pesce  //  Secondi di uova  //  Contorni e stuzzichini  //  Pane e pizza  //  Dolci e liquori

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