Piccolo bestiario velletrano
di Roberto Zaccagnini
“Piccolo” bestiario, precisiamo, non perché si sia voluto con poco impegno bruciare un argomento sul quale poteva dirsi di più: è una scelleratezza che abbiamo sempre cercato di evitare. “Piccolo” bestiario perché “poco” ci è rimasto, della cultura collettiva e della tradizione orale. Si sarebbe potuto – e questo valga per tante altre ricerche – andare a pescare nel patrimonio di altre regioni più attente alla conservazione, con la convinzione che ciò che era loro doveva pure essere nostro. Operazioni del genere, in altri contesti, si chiamano rapine. E in più c’è la presunzione, intesa sia come immodestia, sia nel senso di “presumere” cose non certe.
Ci prese pure una certa riluttanza a proseguire in questa ricerca, per non fornire altra pastura a quei sapienti che beffeggiano certe ingenuità storiche (che oggi, sembrano ingenuità) come se fossero nati già sapienti, e non siano invece figli di una scienza che i loro avi hanno cominciato a ordinare. Secondo costoro, il mondo sarebbe stato dall’inizio già pronto a concepire tutto quello che abbiamo oggi, se non fosse stato per le superstizioni, l’attaccamento alle tradizioni, ai valori … e poi tutta una serie di elencazioni che la dicono lunga sulle motivazioni ideologiche di simili discorsi. Quant’è facile, oggi, affermare che la Terra è rotonda, dopo che da bambini ci hanno regalato un mappamondo!
D’altro canto, non possiamo credere che una superstizione venga dal nulla: essa è sempre frutto di osservazioni, e le osservazioni sono alla base della speculazione scientifica. Quando le osservazioni portano a conclusioni corrette, abbiamo la scoperta scientifica; quando portano a conclusioni infondate siamo nell’errore. Ma se queste conclusioni infondate trovano, per qualsiasi ragione, un motivo di interesse presso una larga opinione pubblica, allora nasce la credenza. Quando il ricercatore s’accorge dell’errore, allora chiamerà leggende quelle credenze, le quali però sono figlie sue, anche se figlie della colpa, e non riconosciute.
Se a un ricercatore accade di guarire una malattia con una sostanza, fa bene a tacere, finché non abbia accertato la ripetibilità del risultato. Ma se la notizia si diffonde, nasce il falso mito, cioè la superstizione.
Se a una persona viene attribuita la patente di iettatore, è perché qualcuno ha osservato che in presenza di costui si manifestano eventi funesti. E nasce la superstizione. Successive osservazioni dimostreranno che non sempre è così, ma il più delle volte lo è. E qui si parla di statistica, che non è stregoneria, ma una applicazione della matematica. Poi deve arrivare qualcuno a dirci che non è affatto collegabile la presenza di una persona con il manifestarsi di eventi, ma per fare questo occorre una totale conoscenza delle leggi naturali, fisiche e chimiche. Quanti degli spocchiosi che oggi s’atteggiano saputamente, sarebbero stati capaci, mille anni fa, di affermare una cosa del genere? Nessuno. Anzi, con la loro indole avrebbero vissuto una spanna dietro a tutti i loro contemporanei, perché – credendo soltanto alla solidità del sasso in cui inciampano – sarebbero pure stati privi di ogni stimolo di curiosità. L’astronomia non è forse figlia dell’astrologia? Non fu forse per ricavare vaticini, che gli antichi cominciarono a guardare in cielo, a esplorare l’occulto, a scrutare nel buio?
INDICE
Preambolo
La canapatrassa // Il succiacapre // La cavra bèsula // Le streghe del latte // Lo spauracchio del terzo millennio: il chupacabras // La canapatrassa oggi // Il pastoravacche // Un innocuo saettone // Il seppordàle // L’ aspro sordo // L’ ìndico // L’antico incubo // L’ ìndico, ultimo mito // Dalla campagna alla città (e viceversa) // Gli animaletti // La filamarìa e la mariapelósa // La coccinella // La lucertola, il serpente e l’ àffito // Altri animali nella tradizione // I bacaròzzi dell’Ascensione // Lumache e gatti a San Giovanni // Il carzolarìtto
NOTE
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